Videogiochi gratis, anzi costosissimi

Con la diffusione dei tablet e smartphone Apple crescono anche le insidie al conto in banca. Un caso? Quello dei videogiochi apparentemente gratis.

All'inizio vengono presentati come videogiochi gratuiti. Anzi, la maggior parte di loro si trova già nel sistema operativo. Così, si inizia a giocare. Ma si scopre ben presto che per andare avanti e progredire bisogna schiacciare un pulsante che ai bambini può sembrare innocuo. Il pulsante si chiama: “Compra”. Pericolosissimo. Se il tablet è collegato ad una carta di credito, in automatico parte l'acquisto e il conto si prosciuga. 
In questo modo, in Inghilterra, una bambina è riuscita a spendere quasi duemila euro in due ore. I genitori, allarmati, si sono subito rivolti ad un avvocato che è riuscito a far risarcire la famiglia, direttamente da Apple. La storia in questo caso finisce bene, ma c'è da stare attenti. Vediamo di cosa si tratta.
Il nome di questa funzionalità è “acquisti in-app”. In pratica viene fornito un software o un gioco gratuito, “free”, ma che si può estendere con contenuti a pagamento. Gli adulti lo sanno bene (si spera) e si tengono ben lontano dall'acquistare ciò che non serve.

I bambini lo sanno un po' meno, soprattutto quando si trovano a maneggiare il computer dei genitori, magari ricco di pulsanti persuasivi. I giochi in questione sono di quelli con i personaggi con le teste grosse, simpatici, occhi teneri, che coltivano un terreno o gestiscono una fattoria. Durante la partita, bisogna accumulare oggetti, acquistare cariole, zappe, semi, ecc. Ed è proprio qui che nasce l'insidia: dal numero di tasti a monitor da cliccare. Perché spesso alcuni di questi vengono “mascherati” così da apparire come una continuazione del gioco. “Compra”, infatti, può riferirsi sia ad una fase del videogame, sia ad un acquisto vero e proprio, che ha ripercussioni nella vita reale.

Questa ambiguità sta creando problemi non da poco in America e in Inghilterra. La risposta dei produttori è sempre più o meno evasiva: in questo caso Apple si è giustificata sostenendo che gli acquisti in-app possono essere disabilitati. Certo appare piuttosto furbo un sistema che, di default, ti invoglia a comprare, ma che per essere rimosso richiede delle competenze informatiche (anche minime). Eppure anche da questo bisogna difendersi.      
A poco servono le indicazioni dei tribunali inglesi e americani che, con sentenza, hanno invitato le case produttrici a indicare con chiarezza il contenuto delle applicazioni. Perché tanto il meccanismo è sempre quello: se vuoi acquistare basta un click, semplice, grosso come una casa; se vuoi conoscere, devi leggere chilometri di informativa. Il consiglio di sempre è quello di fare attenzione, non permettere nessuna procedura di acquisto facilitata, giocare insieme ai propri figli se sono ancora piccoli.
Al limite, spiegare, far loro capire quali sono le insidie, invitarli a navigare sul web come se stessero attraversando la strada. Guarda a sinistra, guarda a destra, vai avanti solo col verde.
Come per tutto, apri gli occhi, resta sveglio.

Ultimo aggiornamento (Venerdì 04 Maggio 2012 08:33)