Profilazione e pubblicità non desiderata

Noi siamo una fonte infinita di informazioni per gli esperti del marketing. Per questo, ogni nostro movimento sul web viene scrutato e catalogato. Vediamo di cosa si tratta.

Non c'è bisogno di andare tanto lontano. È sufficiente fare un paio di ricerche sul web per accorgersi che siamo stati seguiti e scrutati con molta attenzione. Basta andare su normali siti di viaggi, di case, di automobili e poi fare una ricerca qualunque su Google. Si noterà subito che il lato destro della pagina, come per magia, presenta tutta una serie di rinvii a viaggi, case, automobili. Esattamente ciò che abbiamo cercato in precedenza.

Questo modo di raccogliere informazioni, per il quale non c'è nessun avviso o richiesta di permesso, si chiama “profilazione”. Mentre navighiamo viene realizzato il nostro profilo, viene raccolta la nostra cronologia, il numero di siti, i salti fra uno e l'altro, e le operazioni che abbiamo svolto, come un abito su misura. Poi si mettono in moto gli algoritmi. Un software studia tutti questi dati e alla fine ci viene proposto un messaggio pubblicitario che dovrebbe corrispondere ai nostri interessi. Ed ecco, bella e pronta, una pubblicità indesiderata che non abbiamo mai chiesto.

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La semplificazione del “Mi piace”

Con l'aumentare dei pulsanti, aumenta la pigrizia di pensiero. Le conseguenze? Sempre meno idee, ma con molte più condivisioni.

Fra le varie semplificazioni del web, ce n'è una che non sembra così ovvia. È quella che riguarda le nostre operazioni quando ci troviamo di fronte al computer e che, con slogan felice, è stata chiamata l'esercito del like.
Col tempo, le tecnologie su internet sono migliorate tantissimo e consentono un coinvolgimento sempre maggiore. La cosiddetta interattività fa da padrona nei social network, dove spesso e volentieri basta un click sul “Mi piace” per confermare o meno la nostra partecipazione ad una discussione. Apparentemente è un buon sistema per tutti: per chi pubblica, perché è in grado di quantificare nell'immediato quanto “amici” gradiscono quel contenuto; per chi legge perché il click richiede un minimo sforzo ed assicura la propria presenza nella comunità virtuale.

Anzi, è talmente utile questa funzione che le pagine di Facebook o di Twitter sono classificate e quotate in base a queste semplici operazioni. C'è tutto un sottobosco, persino, che ruba o utilizza i “like” per ottenere informazioni su di noi.

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Safe Social Media: la parola al formatore Daniele Damele

UDINE - Non pensare che sia tutto un “gioco”, su internet si possono fare cose che hanno conseguenze importanti nella vita reale. Non condividere mai informazioni personali, come il cellulare, dove si abita, dove si va a scuola. Se si condividono troppe cose su di se (foto, gusti personali, film visti, posti di vacanza dove si è stati, ecc..), basta un attimo agli altri per costruirsi un profilo ad hoc e far credere di essere te. Sono solo tre dei consigli di “Safe social media”, il progetto europeo di davide.it che il formatore friulano, Daniele Damele, ha portato nelle scuole del triveneto e a Roma nel corso di questi mesi. “Ho dedicato varie serate e alcuni sabato per parlare della necessità di proteggere i ragazzi dai pericoli di internet, videogiochi, tv e cellulari – ha detto Damele – rilevando la necessità di parlare approfonditamente di questi temi con genitori, insegnanti e studenti per cui molto bene ha fatto davide.it a proporre, assieme ad altri validi e autorevoli partner, questo rilevante progetto europeo”.

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